pubblicato su "www.filmedvd.it"In una recente discussione che ho avuto con un regista che faceva fatica a realizzare un film da un suo soggetto, ci siamo ritrovati a discutere della qualità di certi film presenti nelle sale italiane e a come resti inspiegabile il criterio di scelta dei produttori sulle sceneggiature da realizzare o meno. Il giorno dopo mi sono trovato a vedere questo "Mare nero" che non avevo ancora visto e che mi attirava. Al termine della visione (in reltà ben prima) mi è tornata alla mente quella riflessione: ma come fanno i produttori a finanziare un film del genere? Perchè l'uscita di "Mare nero" resta effettivamente un mistero. Per ben 45 minuti non succede nulla. il film prosegue in una noia mortale, non ovviamente per il ritmo blando, ma perchè nella storia non accade nulla. E quando dopo i primi 45 minuti avviene quella che dovrebbe essere una svolta, ovvero la confessione dell'assassino, ci si aspetterebbe una virata, il film continua a viaggiare per la sua strada insulsa e anti-emozionale.
Chiaramente ispirato a "Eyes Wide Shut" in maniera quasi imbarazzante, il film di Roberta Torre non ha però un briciolo del fascino e della potenza visiva dell'opera di Kubrick. Cruise finiva in un vortice di sesso, morte e inquietudine dopo le dichiarazioni della moglie, qui è un omicidio a spingere Lo Cascio a indagare sui suoi desideri nascosti. Sia Cruise che Lo Cascio non tradiscono mai fisicamente la propria donna, entrambi si ritrovano in un obitorio davanti al corpo della ragazza uccisa, entrambi esplorano un mondo sconosciuto simile a una setta segreta, eccetera eccetera. Ma al di là del paragone, inevitabilmente spietato, quello che proprio manca completamente in "Mare nero" è un senso, un motore che conduca la storia. Lo Cascio si muove senza senso, senza fascino in una indagine che non solo non coinvolge ma che manca completamente di ogni significato logico-narrativo.
Quello che mi aveva fatto interessare al film prima della sua visione era l'originalità, almeno rispetto al cinema nostrano, dell'aspetto e dello stile della pellicola (a me ricorda certo cinema francese). Una differenza che è giusto lodare, ma che finisce per diventare presunzione. Per il resto il film non aveva alcun motivo per finire sul grande schermo. Scenografie scarne e spigolose fino al grottesco, piani-sequenza senza senso, scene inutili e dialoghi messi lì senza attenzione.
Un tentativo mal riuscito di esplorare un aspetto della sessualità e della mente di un uomo, che annoia e non cattura.
Forse l'unico pregio del film è quello di spingere gli autori a non demordere....se "Mare nero" ce l'ha fatta possono riuscirci tutti.

C'era attesa per il secondo film di Jason Reitman. Dopo il riuscito "Thank you for smoking" intelligente e politicamente scorretto, il figlio di Ivan Reitman era chiamato alla prova del nove per dimostrare le sue capacità e loha fatto portando sullo schermo una storia che sulla carta rischiava fortemente di cadere nel girone delle teen-comedy, le commedie adolescenziali ricche di banalità e falsi moralismi. Possiamo dire che la prova è stata superata. Non solo per merito del regista, ma per la giusta amalgama degli altri elementi cinematografici. Brava Ellen Page, una delle giovani attrici più brave in circolazione, che nonostante abbia da poco compiuto 21 anni, riesce a convinvere appieno nel ruolo di una matura 16 enne, tanto dura e sfrontata quanto sentimentale e attenta alle piccole cose. Brava Diablo Cody, ex-spogliarellista, che firma la sceneggiatura e lo fa con una intelligenza e una originalità, nelle situazioni e nei diloghi, che raramente si ritrova nelle opere di sceneggiatori professionisti. E' vero che il linguaggio utilizzato dai protagonisti di "Juno" sembra fare il verso a quello di Alex in "Arancia Meccanica", ma l'equilibrio che si riesce a creare tra commedia sofisticata, con dialoghi e personaggi azzeccati e mai banali e la commedia giovanile, fatta di balli di fine anno e gelosie scoppiate tra i corridoi del liceo è sorprendente per una scrittrice esordiente. Un film che non annoia, che diverte senza essere stupido e come per l'opera prima di Reitman, non viaggia su binari scontati e politicamente corretti, ma propone temi poco trattati con la giusta dose di divertente serietà. 
