domenica 19 ottobre 2008

"Vicky Cristina Barcelona" di Woody Allen

Vale la premessa del post precedente. Anzi, vale ancora di più. Non ho mai postato un commento su un film di Allen, nonostante lo ami e conosca bene tutti e 36 i suoi film, non perchè non avrei nulla da dire, ma al contrario perchè ne parlerei troppo e alla fine mi rendo conto che non è questa la sede adatta.
Ci provo con il suo nuovo lavoro, "Vicky Cristina Barcelona" che miracolosamente ha mantenuto il titolo originale anche da noi, a differenza del precedente lavoro che vide trasformarsi il bellissimo e mitologico titolo "Cassandra's Dream" nell'insulso "Sogni e Delitti".

Londra deve ispirare pensieri neri ad Allen tanto da portarlo ad indagare i lati oscuri dell'animo umano con la trilogia dei delitti, tra assassini, scelte tormentate e peccati con cui condividere. A Barcelona invece non piove, tutto è solare e anche la penna dell'autore newyorchese si alleggerisce. Beh, quasi. Intanto va detto che questo è un film come non se ne erano mai visti prima nella sua filmografia (e questo è, a prescindere da tutto, un bene).
Di commedie sentimentali volte ad indagare i vari aspetti delle relazioni umane Allen le ha sempre girate, ma qui c'è una leggerezza e una freschezza nel modo in cui la storia viene raccontata che non si riscontra in nessun'altra opera. Contribuisce la voce narrante (un po' troppo presente a dire la verità) che conferisce al film un tono da favoletta spensierata, da rissunto delle vacanze.
Qualcuno critica la fotografia "turistica" con cui Allen presenta Barcellona, rispetto alla Londra degli ultimi film. Ma è una critica assurda, proprio perchè sono due turiste americane in visita alla città le protagoniste del film e Barcellona, la Barcellona solare, calda e da cartolina, rappresenta il terreno sul quale le vite delle due ragazze vengono per un certo periodo scombussolate. Non è un caso che il film si apra con le ragazze che escono dall'aeroporto e finisce con le due che rientrano in aeroporto, aprendo e chiudendo così la loro parentesi catalana.

L'idea del viaggio come forma di autoanalisi, Allen l'aveva già utilizzata in passato, vedi il capolavoro "Harry a pezzi" in cui il protagonista rianalizzava se stesso durante il viaggio verso l'università dove avrebbe ricevuto una onorificenza (analogia con "Il posto delle fragole" di Bergman). In questo viaggio, quello su cui Allen vuole concentrarsi maggiormente è la libertà dei sentimenti e soprattutto sull'errore comune di etichettare non solo gli altri ma anche se stessi, dandosi delle caratteristiche ben precise, senza avere la consapevolezza che in realtà di preciso e sicuro non c'è mai nulla. Sia Vicky che Cristina infatti tornano a New York con qualche dubbio in più e soprattutto con delle nuove "se stesse" dentro di loro di cui non conoscevano l'esistenza. Vicky non avrebbe mai immaginato di poter mettere in dubbio le sue convinzioni e Cristina forse resterà con una domanda in testa "Se non ci fosse stata Maria Elena, avrei potuto avere una relazione stabile?" e con la consapevolezza di un talento che non pensava di avere, assomigliando in questo un po' alla Joey di "Interiors" che sentiva di avere dentro di sè molto da dare ma non trovava la strada giusta per esprimerlo.
Il fulcro su cui ruota l'autoanalisi delle due ragazze è Juan Antonio. Libero, tormentato, istintivo, ma nello stesso tempo sentimentale e maturo, è un personaggio per quanto affascinante, un po' troppo stereotipato che incarna la classica immagine del bell'artista spagnolo, sexy e tenebroso. Ma è un personaggio ad ogni modo riuscito che porta a termine il suo compito, ovvero attrarre Vicky e Cristina (oltre che noi spettatori) e portarle a interrogarsi su loro stesse e sulle loro convinzioni.

Non è un film su un triangolo amoroso, come ostinatamente e banalmente continuano a dire i critici, ma è un film sulla rottura delle convenzioni in amore. Il menage a trois, quello tra Johansson-Cruz-Bardem occupa una piccola parte della storia e va a simboleggiare quella ricerca di libertà e di sperimentazione amorosa alla base del film, ma che alla fine diventa troppo anche per la passionale Cristina. E' un tema che abbiamo già visto nei film di Allen, ma sempre in modo abbastanza marginale. Qui invece viene approfondito maggiormente trovando il suo fulcro nel dialogo tra Vicky, Cristina e Doug, il fidanzato vecchio stile fermo nei legami tradizionali e che ama catalogare persone e situazioni e che appena Cristina gli parla del legame che si è istaurato con Maria Elena chiede subito "Allora sei bisessuale?".

Anche la regia di Allen è diversa. Diminuiscono i piani sequenza, la macchina da presa è più ferma del solito e anche dialoghi ricchi di tensione, come quelli che vedono la presenza di Maria Elena, sono girati spesso e volentieri in campo e controcampo, cosa abbastanza insolita per Woody Allen, che invece preferisce girare con pochi ciak, camera in steady e attori che non stanno mai fermi in un punto. Qui sono gli attori al servizio della macchina da presa.

Allen è sempre stato innamorato dei racconti liberi. Liberi dagli schemi della narrazione. Ha sempre prediletto storie in cui poteva permettersi la libertà di saltare da una parte all'altra della storia, di inserire flashback o sogni nel bel mezzo della vicenda, di mostrare quello che è accaduto o quello che sarebbe potuto accadere senza tanti pensieri. E una storia come questa, narrata da una voce fuori campo, sembrerebbe ideale per questo tipo di approccio narrativo, e invece l'autore mantiene una certa linearità del filo degli eventi, inserendo un flashback solo nella scena della camera oscura. E' un approccio interessante che probabilmente ha lo scopo di mantenere intatta l'idea del viaggio, della visita a Barcellona con una sua fine e un suo inizio e che comporta il cambiamento delle due turiste americane. Allen alleggerisce anche il tono dei suoi dialoghi, cancellando ogni traccia del suo tipico humor e adeguando tutto allo stile del film. I critici sono lì che contano quante battute ci sono nei suoi ultimi film e se non ne trovano bocciano la pellicola. Assurdo.

"Vicky Cristina Barcellona" segna il ritorno di Allen all'analisi delle relazioni sentimentali, dopo aver osservato la bidimensionalità della vita in "Melinda e Melinda" e, sotto vari aspetti, il rapporto tra uomo e omicidio, tra l'uomo e il suo lato oscuro in "Match Point", "Scoop" e "Sogni e Delitti". Termina l'escursione europea con un film godibile, che lascia interessanti spunti di riflessione e che dà una ventata di solarità ben accetta.
Buono il cast, soprattutto Rebecca Hall e Penelope Cruz. La Johansson è sì sexy e piena di quella "polposa umidità" come la definisce Woody, ma a me continua a non sembrare questo granchè come attrice. Bardem è Bardem e non si discute anche se qui fa "solo" il maschio latino.

Passa un film e subito (almeno io) attendo l'altro che segnerà il ritorno non solo di Allen davanti alla camera, ma anche nella sua Manhattan. Vedremo che cosa si porterà dietro nella Grande Mela dal Vecchio Continente.