giovedì 5 marzo 2009

"La classe" di Laurent Cantet


Finalmente un film realistico sulla scuola. Un film che racconta il mondo scolastico e i giovani così come sono realmente, perchè è un film creato con i giovani, con gli studenti, raccogliendo la loro vita e le loro impressioni.
Finalmente un film vero dopo tutti i tentativi mal riusciti di registi che hanno cercato di mostrare la scuola come secondo loro è, ma che in realtà dentro una classe forse non ci sono mai stati.
Finalmente un film realistico e forse era meglio che non ci fosse.
E' ironica ovviamente la mia affermazione, perchè "Dentro i muri" questo il titolo originale del film è uno spaccato generazionale per nulla ottimistico, perchè per nulla ottimistico è il gran parte del mondo giovanile e scolastico attuale.
Ragazzi vuoti dentro, che non hanno nulla da raccontare (apparentemente, si spera) che non hanno nessuna intenzione di comprendere cosa gli sta attorno perchè non sanno chi sono. Questo è il problema principale, non sanno chi sono veramente. Vogliono essere come gli altri, vogliono essere semplicemente giovani credendo di seguire il loro modo di essere, la loro vera essenza, ma la realtà è che dentro di loro non regna la sicurezza di sapere quello che vogliono, ma in realta regna il caos, una serie di regole e impostazioni raccolte dalla realtà che gli fanno credere di avere la risposta al loro modo di vivere, ma che in realtà da raccontare non hanno nulla.

Colpa loro ma colpa, soprattuto, della realtà che li circonda e la scuola ha grandissima colpa non essendo mai stata in grado di insegnare la passione e l'interesse per il mondo e di non esser mai stata in grado di ascoltare veramente. Grammativa, trigonometria, letteratura, storia, scienze sono tutte materie inutili se insegnate a ragazzi che non hanno alcun interesse a comprenderle.
Che senso ha far leggere (in Italia) "I promessi sposi" o i "Malavoglia" a ragazzi che non hanno mai preso in mano un libro? La scuola dovrebbe insegnare la passione per la lettura, in quei 3 anni di scuola media e 5 di superiori. Dovrebbe far nascere in loro la voglia di prendere in mano un libro. Se poi si riesce in questo saranno loro da grandi a leggersi "I promessi sposi" se vorranno.
Che senso ha insegnare date, avvenimenti storici, personaggi a ragazzi che non sanno neanche chi sono loro stessi e cosa succede nella loro città e nella loro nazione?
La scuola deve insegnare la passione per le cose non le nozioni che nella vita non serviranno a nulla. Non me ne frega niente di ricordarmi vagamente alcuni frammenti della Divina Commedia, mi interessa aver imparato che cosa può esserci di bello nella letteratura e se mi interesserà prenderò in mano la Divina Commedia una volta cresciuto o altrimenti leggerò milioni di altri libri. Non me ne frega niente sapere quando è morto Napoleone, ma è importante che in me ci sia la curiosità di voler capire qualcosa di più del passato, andando a informarmi e magari poi a scoprire quando è morto Napoleone.

La scuola, e il film di Cantet lo racconta bene, non sa parlare ai ragazzi, non sa arrivare alle loro stesse lunghezze d'onda, ma si ferma a una visione della scuola che è una e basta costringendo i ragazzi ad adattarsi, ma la scuola non è una palestra di vita, è una palestra per noi stessi, per capire e comprendere noi stessi (studenti) e accrescerci. Non deve insegnarmi che devo seguire le regole, alzarmi in piedi quando entra un professore, stare composto ecc... queste cose le imparerò crescendo, ma non arriverò mai da nessun parte se imparo a stare seduto composto, ma non a guardarmi intorno e chiedermi cosa c'è di giusto o sbagliato nel mondo e cosa posso fare io per migliorarlo.

La scuola di oggi, in Francia come in Italia, insegna l'odio per la cultura e non l'amore per la passion e l'interesse. E "La classe" è un perfetto esempio di tutto questo. Un film pessimista, perchè reale, che si chiude sulla frase di una studentessa "Io non ho imparato nulla" che è emblematico dei giovani d'oggi e della società che gli adulti stanno modellando intorno a loro.

lunedì 2 marzo 2009

"The Reader" di Stephen Daldry


Si è arrivati a storcere un po' il naso, quando si sente parlare di un film legato in qualche modo all'Olocausto, ai campi di concentramento e dello stermineo ebreo. Per due motivi. Il primo, perchè ormai i film con questo tema sono tantissimi e cominciano anche a stancare, come se al mondo non vi fosse nessun'altro dramma umano da trattare. L'impressione è che si cerchi la commozione facile tra il pubblico, giocando la carta vincente della Shoah. L'altro motivo è che, proprio per la grande quantità di opere realizzate, ormai non ci sia più molto da dire sull'argomento, senza correre il rischio di ripetersi.
Per fortuna c'è ancora la possibilità, ogni tanto, di rispolverare il tema e riuscire anche a raccontare qualcosa di nuovo, andando a puntare la macchina da presa su una delle facce poco note di quel periodo. Lo ha fatto "Il bambino con il pigiama a righe" raccontandoci l'Olocausto con gli occhi innocenti di un bambino (a dire la verità non originalissimo come punto di vista, lo aveva già fatto "Jona che visse nella balena") e adesso ci pensa questo "The reader" firmato da Stephen Daldry.

"The reader" non è solo un film legato ai campi di concentramento, è anche una storia d'amore ed è soprattutto una storia di colpe e peccati commessi. L'aspetto più interessante del film, infatti, sta proprio in questo.
Hanna è colpevole. E' una ex-ss che ha causato la morte di centinaia di persone e per questo merita di essere condannata. Ma su di lei, è facile puntare il dito.
Mentre Michel, dentro di sè, porta la colpa di non aver fatto nulla, per salvare la donna che amava, dall'ergastolo. E quelle cassette inviatele in prigione, sono una ricerca di redenzione, un tentativo per cancellare, almeno un po', il senso di colpa. Perchè lei è sì un'assassina, ma non può dimenticare quell'altra faccia di Hanna, quella intima che lui ha conosciuto, quella timida di donna che si vergognava ad ammettere la sua analfabetizzazione e che amava così tanto la letteratura. Non può dimenticarlo e quindi cerca di espiare i propri peccati, ma senza successo. Su di lui pesa la colpa di aver causa la morte della donna che ama.

Dramma mondiale come l'olocausto, unito e contrapposto al dramma intimo e personale. La grande colpa di aver contribuito ad aver ucciso degli ebrei e l'altrettanto grande colpa di aver contribuito alla morte di una singola persona. L'amore può andare oltre a una colpa come quella di Hanna? Era giusto restare in silenzio e condannare un'assassina anche se questo finirà per distruggere gran parte della tua vita? Condannare una persona finendo per condannare se stessi.
E poi c'è la storia d'amore che occupa la prima parte del film. Una storia erotica che getta le basi per il conflitto che verrà a crearsi nel protagonista.

Ottima la prova di Kate Winslet, abile nel vestire il dolore di Hanna con la freddezza di una SS. Abbastanza insignificante Finnes, mentre c'è da chiedersi come mai non sia stato preso in considerazione dall'Academy per le nomination (l'Oscar sarebbe stato comunque eccessivo) David Kross che in alcuni momenti assomiglia drammaticamente al compianto Heather Ledger (lui sì, vincitore della statuetta).