giovedì 23 aprile 2009

"Il servo" di Joseph Losey


Il servo, secondo l'etimologia della parola, significa "colui che porta beneficio". Mai definizione risulta così fuorviante come in questo caso, chiaramente se relazionata all'opera di Joseph Losey "The Servant". In questo contesto, il servo, assume un connotato diametralmente opposto. Si avvicina, infatti, di più ad un virus, ad un portatore sano di malvagità, di inganno che lentamente si insinua nella vita del giovane nobile e la infetta finendo per impossessarsi del suo volere e ribaltando i ruoli.
Non si può parlare de "Il servo" senza parlare della sceneggiatura firmata dal drammaturgo inglese, maestro dell'assurdo, Harold Pinter. Tra tutte le sceneggiature cinematografiche firmate da Pinter questa è probabilmente quella nella quale si percepisce maggiormente la sua impronta. Magistrale la costruzione dei personaggi che attraverso dialoghi pungenti e intelligenti ci delinea due figure, quella del servo e del nobile, chiare, classiche, quasi scontate, ma che nello stesso tempo presentano qualcosa di misterioso. Soprattutto lui, il servo, ha qualcosa che non quadra, qualcosa di insolito e presto quel mistero si svelerà in tutta la sua diavoleria.
Losey ci mostra spesso questa ambiguità dei personaggi con un gioco di specchi e riflessi continuo. Tutta la villa è piena di superfici riflettenti e i personaggi vengono così continuamente sdoppiati a sottolineare la loro doppia personalità.

"Il servo" è un film sociale se così possiamo dire, immagine di quella lotta di classe tra servo e padrone tanto cara a Marx, dove i ruoli si ribaltano, dove il servo prende in mano le redini del gioco e ribalta le carte in tavola, divenendo lui vero e proprio "padrone del suo padrone" piegandolo al proprio volere. Qui, questa analisi sociale e politica prende maggiormente i connotati di un gioco psicologico, che può anche essere visto come metafora del bene e del male, e di come è impossibile dividere il lato oscuro della mente umana da quello più pulito e limpido, così come Tony, il padrone di casa, non riuscirà a liberarsi di Hugo, nonostante il suo comportamento fuori dal normale. Tony è affascinato dal suo cameriere, quasi attratto in una relazione che profuma spesso di omosessualità.

Un film splendidamente orchestrato, girato spesso in pianisequenza che mettono in evidenzia i dialoghi di Pinter e le interpretazioni di Dirk Bogarde e James Fox. Intelligente il rapporto tra Hugo e la fidanzata del suo padrone, che sembra mettere a nudo un punto debole del servo che appare sempre spaventato dalla sua presenza. E' lei in queste scene a comandare, ad essere al centro della sequenza, ma la nostra attenzione resta su di lui, in attesa della sua prossima mossa, per capire il perchè di questa sua nuova facciata. E' davvero spaventato da lei o è tutto un trucco? Che cosa ci nasconde questo elegante ed efficente maggiordomo? E' o non è un "portatore di beneficio"?

lunedì 13 aprile 2009

"Testimonianza di un essere vivente" di Akira Kurosawa

pubblicato su "www.filmedvd.it"

E' difficile per noi occidentali del Duemila, comprendere quale possa essere stato il livello di paura negli anni'50, tra i giapponesi, verso la bomba atomica. Hiroshima e Nagasaki bruciano ancora e gli esperimenti nell'atollo di Bikini della bomba H stanno raggiungendo il loro culmine. In uno scenario del genere il terrore verso questa inumana arma di distruzione riempie i cuori di ogni giapponese, compreso quello di Akira Kurosawa, che da straordinario artista qual'è si sente in dovere, quasi in obbligo, di raccontare quella paura attraverso un film.
"Ikimono no kiroku", conosciuto anche come "Vivo nella paura", è la testimonianza di un uomo desideroso di trasferirsi con tutta la famiglia in Brasile per scampare alla minaccia atomica. La sua paura finirà per diventare definitiva follia.

Un film incentrato su una paura così legata a quegli anni, rischiava di non passare il verdetto del tempo, invece Kurosawa abilmente trasforma la paura per la bomba H, in una più universale ed eterna paura della morte realizzando così una vera testimonianza di un essere vivente, di un uomo che cerca disperatamente di sfuggire a quella invisibile minaccia che lo condanna. Una minaccia invisibile, ma esistente, d cui tutti hanno timore, ma che la maggior parte delle persone cerca di celare vivendo la vita quotidianamente senza pensieri nefasti.
A questo punto la sua storia diventa anche la nostra storia. E diventa anche la storia di un uomo che grida "Al lupo, al lupo" e che nessuno ascolta, anzi che alla fine tutti credono pazzo. Un uomo che non riesce a fuggire, che è costretto a rimanere dov'è, vivendo nella paura. Sì perchè "Testimonianza di un essere vivente" è anche un film sulla impossibilità di decidere della propria vita, perchè alla fine a decidere per te sono altri, i tuoi famigliari, oppure emeriti sconosciuti insigniti di tale onore e onere.
Ma in fondo è il destino di tutti. Alla morte non si può sfuggire.

C'è una interessante dichiarazione del maestro Kurosawa legata a questo film. Disse all'epoca che il suo primo pensiero era quello di fare un film satirico, ma che poi decise di cambiare registro perchè "come si può fare satira sulla bomba H?". Nel 1964 un altro maestro, Stanley Kubrick, realizza un film satirico sulla bomba H e la minaccia di una guerra atomica. Cosa significa che Kubrick aveva più spirito satirico di Kurosawa? Il genio del regista americano era più raffinato di quello del cineasta nipponico? La risposta forse va trovata proprio nelle differenti epoche in cui sono stati girati i film e dalla differente nazionalità dei due registi. Kurosawa, giapponese, vive sulla sua pelle e su quella dei suoi amici la paura dell'atomica. Hiroshima e Nagasaki sono troppo vicine nel tempo e nello spazio per non sentirne ancora il dolore. I superstiti portano ancora addosso i segni deformanti di quegli attacchi. La mancanza di umorismo è comprensibile. Kubrick osserva la guerra fredda con più...freddezza e distacco. Quella minaccia era ancora presente, ma meno pressante e soprattutto dettata dalle operazioni militari nelle "war room" di USA e URSS e non da veri bombardamenti. Insomma "satira è tragedia più tempo" come ci ricorda Lenny Bruce. Kubrick ha avuto tempo, Kurosawa solo la tragedia.