martedì 19 agosto 2008

"Le vite degli altri" di Florian Henckel von Donnersmarck


Passi tutta la vita chiuso nella tua mentalità fredda, rigida, fatta di regole e ordini da seguire, con l’ossessione che tutto e tutti siano contro di te, o meglio contro il sistema che devi proteggere. E quando torni a casa non hai nulla che può distrarti, che può farti staccare la spina. Niente neanche un film, un libro, un mobile che per caso, dico per puro caso, trovi fuori dalla sua posizione. Niente. Tutto bello inscatolato, preordinato, freddo e calcolato come te, come la tua vita, come il tuo lavoro.

Poi ti capita un giorno, che quel tuo lavoro freddo, rigido e calcolato ti porta a scoprire un mondo diverso dal tuo. Emozionale, anzi di più, passionale. Fatto di forza, di voglia di cambiare, di rivoluzione. E la cosa strana è che quel mondo…..ti piace. Per qualche strana ragione la tua strada dritta, che per anni hai percorso senza affacciarti mai dal finestrino per guardare quello che ti circonda, ecco che quella strada di colpo fa una curva, e tu metti la freccia, sterzi e tutto cambia. Tutto dentro di te cambia. Quel po’ di emozione, anzi di più, quel po’ di passione che hai conosciuto, entra dentro di te. E non sei più lo stesso. Ti hanno anche messo nella locandina. Tu nel tuo lato azzurro, freddo, tutto solo che li spii. E loro sono così passionali, cosi caldi, così….rossi. Dai si vede lontano un miglio che ti piacciono.

E alla fine tu, che come nome nel tuo mondo hai solo una sigla, HGW XX/7, perché il tuo è un mondo freddo, rigido e calcolato, sei anche disposto ad andare contro quello in cui hai sempre creduto, pur di salvare gli abitanti dell’altro mondo. Le stesse persone che attraverso la loro vita, che hai meticolosamente spiato, ti hanno cambiato. Finisci persino per innamorarti. Ma non di una donna. Di una attrice. Cioè quello che ti prende di lei, non è il suo corpo, il suo viso, la sua voce, la sua personalità, no, è il suo essere una portatrice sana di Arte, un veicolo per trasmettere quelle emozioni, anzi di più, quelle passioni a milioni di persone. A cercare di portare in loro un po’ di verità. Quella verità che tu, con il tuo lavoro, hai cercato di celare agli occhi della gente. Ti sei talmente immedesimato nel tuo ruolo di occultatore, che quella verità l’hai celata perfino a te stesso. Ed è proprio attraverso le vite degli altri, che alla fine sei riuscito a sentire più in là di dove arrivavano i tuoi microfoni.

Hai appena conosciuto l’Arte.
Hai appena SENTITO l’Arte.
Benvenuto nel nostro mondo.

domenica 17 agosto 2008

"Buffalo '66" di Vincent Gallo


L'opera prima di Vincent Gallo è, come la maggior parte delle opere prime, un lavoro molto personale, non solo da un punto di vista auto-biografico (molti elementi saranno stati sviluppati dall'infanzia di Gallo, anche lui cresciuto a Buffalo e nello stesso periodo in cui si svolge il film), ma anche, e soprattutto, da un punto di vista stilistico.
Gallo riesce a dar vita a una storia di per sè non originalissima, ma raccontata con una sincerità e una dolcezza difficili da ritrovare. Il piano tragi-comico su cui si muove la pellicola permette di avvicinarsi a Billy Brown, di interessarsi alla sua storia, di ridere e commuoversi delle sue vicissitudini.
Devo dire che mai come con Buffalo '66 alla fine della visione ero contento che Billy avesse fatto la sua scelta. Mi sarebbe dispiaciuto se avesse preso la strada sbagliata.
Questo è merito dell'abilità di Gallo, autore anche della sceneggiatura, di intrecciare insieme gli aspetti più tristi e drammatici della vita di Billy a virate comiche, quasi grottesche che rendono la storia unica e particolareggiata.

Belle anche le scelte registiche che anche se apparentemente sembrano fini a se stesse, vanno invece ad atirare lo spettatore rendendo interessanti anche scene per lo più banali come una conversazione a 4 intorno a un tavolo.
Una prova matura, sincera sul racconto di una iniziazione, di una fuga dal passato, dalle vecchie paure che legano Billy e gli impediscono di lasciarsi andare. Un viaggio quello in compagnia di Layla, che un viaggio in se stessi e nei propri scheletri nell'armadio. Il tutto raccontato con il giusto tocco personale, che stranamente non risulta pomposo o megalomane.

domenica 3 agosto 2008

"Il vento fa il suo giro" di Giorgio Diritti


Il mondo in una goccia d'acqua. A volte per poter capire il mondo è sufficiente guardarsi intorno, andare ad osservare il nostro microcosmo per poter comprendere le regole umane che condizionano la nostra esistenza su questo pianeta.
E' quello che fa "Il vento fa il suo giro", film piccolo, per budget e produzione, ma grande per bellezza, importanza e qualità. Il film di Diritti è uno sguardo su un picolo, piccolissimo pezzo d'Italia, su una realtà lontana da quella che ci circonda, ma nella quale possiamo facilmente riconoscere quei comportamenti e quei meccanismi più negativi che la società moderna ha trasformato in quotidiano stile di vita.
Così lontani quindi, ma anche così vicini. E se da un lato gli abitanti di Chersogno, con la loro vita rurale e soprattutto con la loro mentalità "paesana" chiusa ci appaiono arretrati culturalmente e socialmente, dall'altro le similitudine che ritroviamo nel loro modo di approcciarsi allo straniero portano alla luce la "nostra" arretratezza culturale e sociale. Un rapporto con lo straniero a tutto tondo. Gli abitanti del paesino non vedono di buon occhio Philippe e la sua famiglia perchè francese, perchè diverso nelle abitudini, nel modo di pensare (più aperto del loro) e perchè rischia di mettere mano nelle loro cose, nei loro terreni anche se quei terreni non c'è nessuno che li utilizzi. E' quindi una paura irrazionale, dettata dalla mancanza di rapporti umani, di aperture mentali, di secoli di abitudini dure a morire.

"Il vento fa il suo giro" però è anche uno scorcio in una Italia che non c'è più o che sta morendo sempre più velocemente. Una Italia, che per quanto testarda e chiusa in se stessa fa sempre parte della nostra Storia, delle nostre tradizioni. E a guardare il making of del film non sembra poi tanto più chiusa e ostile del resto d'Italia.