martedì 11 novembre 2008

"Il posto delle fragole" di Ingmar Bergman & "Harry a pezzi" di Woody Allen

Qualunque artista, nel corso della sua formazione, rimane influenzato da altri artisti che lo hanno preceduto e che in qualche modo lo hanno colpito, ispirato e affascinato. Generalmente perchè i due artisti hanno una stessa concezione e visione della vita, oppure perchè lo stile dell'uno si rispecchia in quello dell'altro. Tale ispirazione la si può notare nel proprio lavoro, nella propria arte che trova punti di collegamento con le opere dell'altro artista.

Uno dei registi che più hanno influenzato il cinema di Woody Allen è indubbiamente Ingmar Bergman, sia a livello visivo, ma soprattutto a livello filosofico e morale. Ad accumunare i due autori c'è soprattutto lo stesso approccio alla morte e a Dio. Entrambi (Bergman in maniera più marcata) hanno cercato di porre interrogativi e magari buttare giù anche qualche risposta, sull'esistenza di Dio, sul percorso dell'uomo nel corso della sua esistenza e sullo stretto rapporto tra questi e la morte. Ma le similitudini tra i due registi non interessano soltanto le tematiche affrontate ma anche il visivo, la messa in scena. Specialmente per i suoi film più intimisti e drammatici come "Interiors", "Un'altra donna", "Crimini e misfatti" Allen muove la macchina da presa quasi tenesse sempre a mente il maestro svedese. Il lavoro di Gordon Willis in "Interiors" ricorda moltissimo quello di Sven Nikvist in molti film di Bergman, e non è un caso che lo stesso Nikvist sia stato scelto da Allen per fotografare i suoi "Un'altra donna", "Crimini e misfatti" e "Celebrity" (nonchè il corto "Edipo relitto" contenuto nel film collettivo "New York Stories").

In questo post voglio mettere in relazione due film, "Harry a pezzi" di Allen e "Il posto delle fragole" di Bergman entrambi legati da un comun denominatore che è quello del viaggio come mezzo per esplorare se stessi, e vedere come i due autori abbiamo utilizzato questo stesso espediente per fini differenti. Come detto, a legare i due film c'è il punto di partenza. In entrambi i casi il protagonista deve partire per raggiungere la sua vecchia università per ricevere un importante riconoscimento. Nel corso del viaggio verrà a scoprire qualcosa di più sulla propria vita e capirà meglio se stesso. Nel film di Bergman il protagonista è Isak Borg, anziano medico in pensione che parte in auto in compagnia della nuora e di un terzetto di giovani incrociato per strada.

Borg all'inizio del suo viaggio è un uomo solo, freddo nei sentimenti, cinico ed egoista, per quanto apparentemente si creda una persona gentile e comprensiva. Il film si apre con un sogno avuto da Borg durante la notte. Un sogno fatto di strade deserte, orologi senza lancette, unuomo senza volto che si dissolve in sabbia e sangue e un carro funebre con dentro la bara contenente il corpo dello steso Borg. Un sogno che sta ad indicare la solitudine del protagonista e la fine, ormai prossima, dei suoi giorni. Con la consapevolezza di essere arrivato al termine della propria vita, Borg attraverso questo viaggio reale verso l'università, compie anche un viaggio attraverso i ricordi, visitando il "posto delle fragole" e trasportandosi grazie al sogno direttamente nei giorni della sua infanzia, che quasi come il Dottor Scrooge de "Il canto di Natale" scopre quello che realmente, con i suoi comportamenti ha lasciato nelle persone che lo amavano.

L'Harry alleniano invece è uno scrittore in pieno blocco creativo. Anche "Harry a pezzi" inizia con racconto introduttivo. In questo caso invece che di un sogno si tratta di un estratto dall'ultimo romanzo dello scrittore. Un racconto che ci anticipa (in chiave divertente) l'interesse di Harry per la cognata. Cognata che subito dopo irrompe realmente a casa sua, pistola alla mano, sconvolta nello scoprire come nel romanzo Harry abbia raccontato la loro storia segreta. Scopriamo così che Harry Block è un uomo cinico, egoista, alcolizzato e puttaniere. Ma soprattutto è uno scrittore in crisi creativa, non più in grado di mettere ordine nella propria vita dopo che la donna che ama lo ha lasciato per il suo migliore amico. Il viaggio in auto, in compagnia del figlioletto, di un amico e di una prostituta, diventa anche qui non solo un viaggio fisico verso l'università, ma un viaggio dentro se stesso. A differenza de "Il posto della fragole" il viaggio di Harry è si nel suo passato, ma in un passato più prossimo che quasi coincide con la sua vita attuale e soprattutto non è un viaggio nei sogni o nei ricordi, ma un viaggio nei suoi racconti. Nel corso del film vediamo brevi rappresentazioni dei racconti scritti da Harry, che spesso altro non sono che metafore della sua vita. Frammenti allegorici del proprio carattere, delle proprie relazioni, del proprio conflitto interiore.

I due viaggi servono ai due protagonisti per capire meglio se stessi. Ma con scopi diversi. Sergio Transatti scrisse che quello di Borg è una storia di conversione. Al termine del film (e del viaggio) Isak Borg capisce realmente chi è e quello che ha fatto, il modo in cui ha trattato la moglie, la convinzione di essere "morto, pur essendo vivo" e la negativa influenza che ha avuto verso il figlio, divenuto una sua brutta copia. Al termine dei suoi giorni, a pochi passi di distanza dai suoi genitori che lo aspetto sulla riva del lago nell'aldilà, Borg si converte, ammette i suoi peccati e si pente del suo comportamento. Harry invece mette ordine tra i pezzi frammentati della propria vita e si rende conto che la sua vita è tanto tormentata e scombussolata, quanto la sua arte sia invece lucida, ordinata e creativa. Harry non si converte, ma comprende che nella realtà, nel mondo vero lui non è in grado di funzionare, non è capace di vivere in equilibrio con gli altri e di essere felice. Riesce ad esserlo solo nei suoi racconti, manipolando liberamente il mondo fantastico delle sue storie e dando felicità e divertimento grazie alla sua arte.

Le due onoreficenze che i personaggi ricevono sono un po' come il giro di boa (per Borg è più un traguardo) che li porta a guardarsi alle spalle e chiedersi "Sono arrivato fin qui, qualcosa di buono devo aver fatto. Ma ho fatto tutto come dovevo?" "Ho dei rimpianti? Nel mio lavoro, nella mia vita privata, c'è qualcosa che ho sbagliato?". Le risposte, per entrambi, sono: No, non ho fatto tutto come dovevo e che Sì, ho più di una cosa da rimpiangere.

Mentre Borg ormai non può far altro che "convertirsi" e vivere in pace i suoi giorni, Harry razionalizza che la sua vita non ha modo di sistemarsi, se non attraverso suoi romanzi, la sua arte. L'Arte come mezzo per esprimere se stessi. Attraverso di lei, Harry riesce ad essere più vero di quanto non sia nella vita reale.

La cosa interessante è che Woody Allen, conoscendo bene "Il posto delle fragole", ha scelto incosciamente di utilizzare lo stesso stratagemma narrativo adottato da Bergman, per poi sviluppare nel suo stile una storia tutta sua, fatta di nevrosi, tradimenti, intrecci sentimentali e fuga dalle proprie responsabilità. Ma in entrambi i casi c'è una visione piuttosto negativa dell'uomo. Isak Borg e Harry Block, sono uomini messi difronte alle proprie esistenze e alle proprie colpe. Non è così difficile immaginarsi Borg entrare nell'ascensore che conduce all'inferno, o Harry girare per le strade vuote con gli orologi senza tempo.

lunedì 10 novembre 2008

"Il grande sonno" di Howard Hawks


Questo è un giallo dove non ce ne frega una mazza di sapere chi sia l'assassino. Man mano che la storia prosegue, non ci interessa sapere alla fine chi o che cosa c'è dietro all'insieme di misteri e intrecci dei quali Marlowe deve andare a capo. Alla fine, qualcuno, come nel romanzo, resta addirittura irrisolto.
Non ce ne frega nulla per due motivi. Primo, perchè quei misteri e quegli intrecci sono troppo ingarbugliati per riuscire a capirci qualcosa. Secondo, perchè c'è qualcosa di più interessante da seguire. Ci sono i personaggi.
Se si guarda "Il grende sonno" decine di volte, anche se si presta massima attenzione alla storia, ad un certo punto finiamo per perderci. Ci perdiamo a seguire Bogart, i suoi gesti, le sue battute, quell'aria scaltra di chi sa tutto del mondo. Seguiamo i suoi battibecchi con la Bacall (o con le altre donne). I suoi botta e risposta con i gangster che di volta in volta gli capitano a tiro. Smettiamo completamente di interessarci al giallo perchè stiamo assistendo alla nascita di un mito. E tutto passa in secondo piano. Più che in Casablanca, è nel noir di Hawks che Bogart è Bogart in tutto il suo stile.
La caratterizzazione che Bogart ha fatto del suo Philippe Marlowe è straordinaria. Si parla davvero di nascita di un simbolo, di una icona, di un personaggio unico che può soltanto essere marchio di fabbrica di uno stile. Da questo film in poi nasce il comportamento "alla Bogart", quello che per intenderci sconvolge il Sam di Woody Allen in "Provaci ancora Sam", quello che quando gli chiedi "Come lo vuoi il Brandy?" ti risponde "Nel bicchiere".
- Lei non ha l'aria di collezionare libri rari. (gli dice la bionda bibbliotecaria)
- Colleziono anche bionde sotto vetro.
In taxi
- Dove andiamo?
- Seguiamo quella macchina. Le dispiace?
- Sono tutta sua.
- Fosse vero.
Marlowe e Carmen
- Sei in gamba. Mi piaci.
- E questo è niente. Aspetta di vedere la danzatrice di Bali che ho tatuata sulla schiena.
Il premio Nobel William Faulkner, autore della sceneggiatura, (tratta ovviamente dall'omonimo romanzo di Chandler) e Howard Hawks riescono a dar vita a un noir difficilmente replicabile. Uno dei rari esempi dove anche se la trama non ci cattura come dovrebbe riesce a tenerci incollati allo schermo attratti dal fascino unico di Humphrey Bogart e dai dialoghi serrati e pungenti.