lunedì 26 aprile 2010

"Sherlock Holmes" di Guy Ritchie


C'è da chiedersi perchè ad Hollywood hanno tutta questa smania di riportare nuovamente sullo schermo, magari in una nuova veste, personaggi della letteratura o del cinema. L'eterna crisi di idee del cinema a stelle e strisce costringe i produttori a pescare nei cassetti impolverati alla ricerca di storie e personaggi da spolverare, lucidare, spesso stravolgere e infine rigettare sul mercato. A volte questa tecnica si rivela utile e azzeccata, come nel caso di Batman che grazie al talento di Nolan ha ripreso a volare sui tetti di Gotham come non lo vedavamo dai tempi di Tim Burton.
Spesso però, questa procedura di svecchiamento lascia il tempo che trova, come nel caso di Sherlock Holmes che Guy Ritchie riporta sullo schermo trasformandolo completamente.
Lascerei da parte le differenze tra lo Sherlock di Ritchie e l'originale di Conan Doyle perchè sappiamo come ragiona Hollywood, ma una domanda mi sorge spontanea. Perchè portare sullo schermo un personaggio cult come l'investigatore privato più famoso del mondo, se poi l'alter ego sullo schermo è completamente diverso da quello letterario? Non si faceva prima a creare un personaggio ex-novo, come ad esempio hanno fatto i creatori del Dottor House che chiaramente si sono ispirati alla creatura di Arthur Conan Doyle? Ovviamente la risposta è puramente commerciale. Il nome Sherlock Holmes attira il pubblico molto di più di un personaggio sconosciuto e così metà del lavoro di promozione è fatto.

Nel lavoro di rimodernamento però qualcosa è andato perso, o meglio si è finito per trasformare un brillante (e folle) detective in una sorta di supereroe, dotato non solo di elevate capacità intellettive (come l'originale) ma persino di una vista sopraffina, di un olfatto capace di cogliere ogni sfumatura di una fragranza e di un udito finissimo. Nel film infatti le doti dell'investigatore sono esagerate al massimo. E' capace di vedere cose che occhio umano non saprebbe cogliere. Nel viaggio bendato in carrozza riesce persino a sentire il profumo del pane appena sfornato e percepirne l'aroma tipico di un determinato panificio. Oppure riesce a vedere le sfumature di colore negli occhi di chi incontra. Insomma Holmes più che brillante diventa sovrannaturale. Sembra quasi il protagonista del telefilm "The sentinel" (solo che quello i poteri li possiede veramente).
Se da un lato è molto bella l'idea di mostrare come ragiona la sua mente prima di compiere una azione, dall'altra il modo in cui raccoglie informazioni finisce per essere esagerato e lo spettatore è completamente tagliato fuori perchè non riesce a stargli dietro e a vedere anche solo uno degli indizi che invece lui comprende in un attimo.
E' vero che anche nei racconti di Doyle, il lettore non sa nulla della pista seguita da Sherlock e solo alla fine, quando l'investigatore smaschera il colpevole, comprende che cosa è successo, ma in quel caso c'è un particolare: a raccontare la storia è il dottor Watson, che come caratteristiche è più simile a noi. Anche lui non riusce a seguire i ragionamenti dell'amico e noi finivamo per avere un alleato con il quale cercare di seguire l'intreccio. Qui invece lo spettatore è da solo. Seguiamo Holmes nella sua indagine e lo vediamo notare dettagli con l'abilità di un supereroe, oppure raccogliere indizi come il dente di leone o la coda di topo senza capire come possano essere utili alle indagini.

A proposito di indagine. Ma qual'è il caso da risolvere? Nel riportare in vita Sherlock Holmes, gli autori del film si sono dimenticati di dargli un caso da risolvere. Generalmente nei racconti dell'autore inglese, Holmes è chiamato a risolvere un omicidio dai connotati inspiegabili. Ad esempio un uomo ucciso in una stanza chiusa dall'interno. Insomma, un mistero apparentemente impossibile da risolvere tranne che per l'investigatore privato Sherlock Holmes. In questo caso però non si capisce dove stia il mistero. Tutto nasce dal ritorno in vita di Lord Blackwood, impiccato e dichiarato morto dallo stesso dottor Watson. Questo sì che è un bel mistero, peccato però che si scopre subito che le cose sono meno "inspiegabili" di quanto sembri visto che nella bara, al posto di Blackwood, viene trovato un altro cadavere e quindi è facile dedurre che in realtà Blackwood non è mai morto. Bisogna trovarlo allora e scoprire il suo piano. Ok, ma il resto è completamente incomprensibile allo spettatore.
La storia dei 4 elementi, ad esempio, è impossibile da comprendere, così come il motivo per cui la lastra tombale è stata distrutta (tra l'altro la motivazione è inverosimile), la parentela tra Blackwood e Lord Coward (scoperta anche qui grazie alla super vista di Holmes), l'identità dell'uomo misterioso e via dicendo. Lo spettatore non fa altro che seguire passivamente la storia senza poter provare a risolvere il caso (anche perchè non si capisce dove stia il mistero) e semplicemente osserva Holmes raccogliere indizi su indizi con il suo fiuto sovrumano fino ad arrivare ad uccidere Blackwood.
Non è un caso infatti, che la storia non sia tratta da un racconto di Arthur Conan Doyle, ma sia stata creata di sana pianta dal tris di quasi sconosciuti sceneggiatori che evidentemente non sanno che cosa sia il racconto "giallo".

"Sherlock Holmes" si rivela per quello che voleva essere. Un film scanzonato e divertente, grazie soprattutto allo straordinario talento di Robert Downey Jr. Una americanata che non ha nulla a che vedere con le vere avventure del vero Sherlock Holmes e che non si differenzia molto da altri prodotti made in USA.

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