sabato 22 dicembre 2007

"Brokeback Mountain" di Ang Lee

La mancata vittoria del film di Ang Lee agli Oscar ha suscitato qualche polemica. Motivo: gli uomini dell’Academy non hanno voluto premiare una pellicola che narrasse di un amore gay. Ora, gli Academy Awards spesso e volentieri sono stati assegnati (o non assegnati) senza tenere molto conto della reale qualità artistica di un film. Spesso e volentieri le reali motivazioni dietro alla scelta dei vincitori sono perlopiù legate a questioni politiche.

In questo caso però, mi sento di dire che la scelta di non premiare “Brokeback Mountain” come Miglior Film è corretta. Il film è sicuramente di buon livello, ma presenta alcune lacune dal punto di vista narrativo che gli impediscono di essere un ottimo film.

Brokeback Mountain è la storia di un amore. L’amore tra due uomini costretti per lavoro a convivere per lungo tempo sulle montagne per sorvegliare una mandria di bestiame. Tutto ha inizio quando una sera i due cowboy, entrambi etero e fidanzati, si lasciano andare ad un intenso rapporto sessuale. Rapporto che ha tutte le sembianze di uno sfogo di istinti sessuali a lungo repressi. Consumato in fretta, selvaggiamente. Qualcosa però scatta tra i due protagonisti e l’amicizia si trasforma in amore. Amore che sembra essere nato dal nulla. Non si sa infatti che cosa attragga l’uno all’altro e anche se è chiaro che i due protagonisti provino un amore molto forte, purtroppo si finisce per pensare che più che una storia d’amore si sia di fronte a una storia di sesso. I due infatti torneranno a incontrarsi negli anni, ovviamente di nascosto dalle rispettive consorti, principalmente per fare l’amore. Inoltre la scena con i due che corrono felici sui pendii di Brokeback è degna di una romantica commediola adolescenziale.

È vero che in molti film l’amore tra i protagonisti nasce quasi dal nulla e soprattutto in brevissimo tempo, ma quelle sono commedie sentimentali, storie romantiche principalmente costruite sull’immagine di un amore tanto romantico e fatato, quanto irreale. Ma qui siamo alle prese con un film d’autore, che perlopiù tratta un argomento come l’amore gay che il cinema a stelle e strisce, spesso, è stato refrattario a raccontare. Lee forse ha avuto paura a spingersi in profondità nel cuore della storia d’amore, mantenendo il rapporto tra i protagonisti su un piano più fisico e superficiale (la patetica scena dei due che corrono felici sui pendii di Brokeback come se fossero in un film adolescenziale è lì a dimostrarlo). Peccato perché sarebbe stato molto interessante indagare di più sui sentimenti per cercare di capire che cosa Ennis trovi di unico in Jack che nessun’altra persona è in grado di dargli (e viceversa).

L’altro aspetto narrativo che lascia a desiderare è l’arco temporale in cui si svolge la vicenda. L’amore dura per decenni e i due protagonisti torneranno ad incontrarsi ancora e ancora. Scorrere del tempo che però è difficile da seguire. Non si sa mai quanto tempo sia passato da una scena all’altra o se effettivamente sia passato del tempo. E poi non bastano un paio di baffi per fare di Gyllenhaal, 25enne quando il film è stato girato, un maturo padre di famiglia (è già difficile vederlo padre di tre figli in “Zodiac”). E quando Ledger incontra la figlia alla fine del film, più che il padre sembra il fratello maggiore, se non addirittura il fidanzato. Ed è proprio la seconda parte del film a risultare lenta e piuttosto noiosa, con questo dilatarsi inutile degli eventi che non fanno mai decollare il film.

In ogni modo “Brokeback Mountain” è un buon film, intenso e importante perché finalmente rompe un tabù che ha resistito troppo a lungo ad Hollywood. Peccato per una certa incuranza nella stesura della sceneggiatura che rischia di portare lo spettatore a perdersi più nei bellissimi paesaggi splendidamente fotografati, che nella storia d’amore vera e propria.

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