venerdì 4 aprile 2008

"My blueberry nights" di Wong Kar Wai


"My blueberry nights" non è una storia d'amore, ne tanto meno una commedia sentimentale come vorrebbero farci credere il titolo italiano e il trailer.
"My blueberry nigths" è un film SULL'amore. Elizabeth è quasi un Virgilio che ci porta ad osservare alcuni aspetti dell'amore. Abbiamo la gelosia nella persona della stessa Elizabeth, abbiamo il dolore per una storia finita, personificato dalla figura di Arnie, il rimpianto che ha il volto di Rachael Weinz e la fuga dai sentimenti di Leslie, che non a caso si mette realmente in viaggio e che poi scappa alla realtà e fatica a seguire i propri sentimenti verso il padre.
Alla fine di questo viaggio catartico nelle pieghe dell'amore, Elizabeth comprende meglo chi è e che cosa vuole. Comprende la sua vita, i suoi sentiment, la sua storia passata. E questo gli permette di tornare a dove era partita, a quel ragazzo conosciuto prima del suo viaggio iniziatico.

Come ogni viaggio che si rispetti, anche quello di "My bluberry nights" attraversa vari luoghi, anch'essi metafora dei sentimenti. Elizabeth lavora in due locali. Nel primo, di giorno, incontra Arnie come "persona", fuori dalla sua immagine di anima persa in quel girone dantesco che è invece il secondo locale, quello dove lavora di notte e dove Arnie si ubriaca e mostra tutto il suo dolore verso la moglie. Anche Sue Lynne presenta due facce. La prima, quella falsa, è quella determinata e sicura di sè che scivola lenta nel locale sotto gli occhi dei clienti. L'altra, quella vera e sincera, è quella della strada, quella che piange e rim-piange sulla foto del marito, quella che chiede ad Elizabeth di aspettare a pagare il conto, di aspettare a staccare per sempre quell'ultimo brandello di Arnie ancora vivo sulla bacheca del locale.
Anche Leslie è un doppio. Ha una doppia anima e due luoghi dell'anima. Quella del tavolo verde, quella dura che vuole giocare con gli altri, che vuole muovere i fili e poi quella del viaggio, quella che ha paura ad accettare la realtà, anche quando gliela si spiattella in faccia. Quella che ha paura ad ammettere di aver bisogno di qualcuno, anche solo per un viaggio, anche solo per parlare con il padre in fin di vita.

Elizabeth incontra queste anime perse e sole, come persa e sola è anche lei, incapace di attraversare la strada e andare oltre. E quando alla fine ritorna da dove era partita è un'altra persona. Una che ha visto cos'è l'amore, che cosa c'è nell'animo delle persone e che sa ora come andare avanti.
Il ristorante di Jeremy, invece è un limbo, in cui la Elizabeth insicura di sè e dell'amore staziona alla ricerca di risposte, desiderosa di capire che cosa succede tra due persone, che storie si celano dietro dei mazzi di chiave. E Wong Kar Wai, nelle seguenze iniziali fonde insieme personaggi e ambiente, inquadrando i due protagonisti da dietro la vetrina, tra insegne al neon e riflessi colorati. Elizabeth e Jeremy sono già legati tra loro, fusi insieme come quel gelato che scivola nella torta di mirtilli già nelle prime scene.

L'eleganza di Kar Wai non è mai inutile. Presenta sempre un significato dietro. Come il rallenty, che "rallenta" il ritmo del film e dei personaggi, dando il tempo a loro e a noi di prenderci una pausa, di osservarci dentro, di viaggiare tra i ricordi, che siano una mano che lascia la maniglia, una porta che si chiude dietro un amore che se ne va, un conto appeso alla parete, un auto che si allontana per sempre. Kar Wai presta, come sempre, particolare attenzione ai dettagli, agli oggetti, agli sguardi, trasformandoli in immagini, in quadri che sono appunto anche frammenti di memoria, di vita e di sentimenti.
"My blueberry nights" non è il film più bello del regista cinese, ma la grandezza di autori come lui sta nel rendere splendida anche una storia semplice, essenziale, scarna ma senza dubbio ricca di una umanità e una dolcezza (vedi il bacio finale), che senza essere retorico, solo un regista come lui è in grado di realizzare.

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