domenica 1 febbraio 2009

"Il dubbio" di John Patrick Shanley


Teatro e cinema. Un binomio estremamente interessante e altrettanto, estremamente, pericoloso. Se manipolato male può risultare una lama a doppio taglio.
Teatro e cinema sono due arti che da sempre hanno battuto strade simili e a dire il vero, la settima arte nei suoi primi anni di vita aveva molto da assimilare dal teatro. I primi film infatti erano strutturati dai cosidetti tableau, ovvero lunghe scene senza stacchi (oggi li chiameremmo piani sequenza) che riprendevano gli attori recitare davanti a un fondale che riproduceva la location in cui si svolgeva la scena. Un po' quello che succede oggi nelle sit-com televisive, nelle quali la macchina da presa occupa la quarta parete di una stanza e gli attori si muovono come se fossero a teatro davanti a un pubblico.
Gli attori stessi di quei primi film venivano direttamente dal teatro, essendo fino a quel momento l'unica arte incentrata sulla rappresentazione.

Oggi il teatro si lega al cinema sotto vari punti di vista. A volte perchè i drammaturghi decidono di passare dai copioni teatrali alle sceneggiature cinematografiche, come Harold Pinter o David Mamet. A volte perchè le loro piece teatrali hanno talmente successo sulle assi di un teatro che si cerca di replicare tale successo anche sul grande schermo. Altre volte ancora è lo stile di un regista e la storia che vuole raccontare che si avvicina a una visione teatrale della messa in scena (da fan di Woody Allen penso ad esempio a "Settembre" o in generale ai film di Peter Greenaway).

Ovviamente teatro e cinema hanno forme e linguaggi diversi (anche se non totalmente diversi) ed è quindi necessario per chi scrive, dirige e recita, adattarsi al diverso mezzo comunicativo. Il lavoro svolto da John Patrick Shanley, vincitore del Premio Pulitzer proprio per il suo testo teatrale "Doubt", denota questo cambio di registro e mostra come l'autore, anche regista del film, abbia saputo lavorare bene anche con il mezzo cinema. In più di una occasione, Shanley ha utilizzato le immagini come mezzo narrativo, elemento caratteristico più del cinema che del teatro, soprattutto per delineare i personaggi. Come durante la scena della cena che vede le suore sedute intorno al tavolo. La figura di Sorella Aloysius viene messa a fuoco da due inquadrature, quella che la vedono aiutare una sorella passandogli la posata e quando, solamente con lo sguardo, rimprovera Sorella James di non sputare il boccone. Due inquadrature mute ma che ci permettono di conoscere qualcosa di piùdel carattere della preside. O quella folata di vento (il dubbio) a termine della cena, che smuove la tovaglia, simboleggiando che il dubbio, da quel momento si è insinuato nella sua vita. O come quando Padre Flynn passa sotto una vetrata che riproduce un occhio, l'occhio di Dio, come se il prete avesse paura di esser osservato e di non poter sfuggire al suo Signore. Ha qualcosa da nascondere?
Ecco Shanley è abile a istaurare il dubbio anche nello spettatore, quasi ci trovassimo difronte a un film giallo per scoprire chi è il colpevole e se un colpevole esiste davvero. Non lo sapremo mai, ci resterà per sempre il dubbio.

Ma chiaramente in "Il dubbio" resta forte l'impronta teatrale e in una scena in particolare, tale impronta si sposa magistralmente con il cinema. La scena è quella del primo incontro tra Padre Flynn, Sorella Aloysius e Sorella James. Al di là della recitazione dei due più bravi attori viventi in circolazione, il lavoro di Shanley è splendido e mi ricorda alcune sequenze dei film di Orson Welles dove la storia viene raccontata anche attraverso i movimenti degli attori e la loro posizione sul set.

La scena in questione si divide in tre parti, ognuna delle quali vede passare di mano in mano lo scettro del comando, rappresentato simbolicamente dalla poltrona della scrivania. La poltrona del Principale.
In un primo momento, nonostante quello sia l'ufficio di Sorella Aloysius, a sedersi alla scrivania è Padre Flynn, a sottolineare subito quale sia la gerarchia in campo. La preside della scuola comincia a parlare della recita di Natale, come pretesto per arrivare a introdurre il tema a lei caro: il rapporto di Padre Flynn con lo studente Donald Miller. In questo momento è quindi il prete a tenere le redini del gioco e infatti è lui a decidere quali saranno le canzoni da cantare alla recita.
La seconda parte vede l'inversione dei ruoli. I due si scambiano di posto, e mentre Flynn chiude la persiana, quasi volesse cancellare ogni possibilità di chiarezza, è Suor Aloysius a sedersi alla scrivania e a prendere in mano lo scettro del comando. Ora è lei che mette in imbarazzo il suo rivale accusandolo di aver avuto un comportamento ambiguo con uno degli studenti.
Shanley utilizza magistralmente lo spazio scenico per orchestrare il livello drammatico, intrecciando un dialogo che altro non è che un gioco del gatto col topo con continui cambi di ruolo. L'utilizzo della luce, del montaggio e delle inquadrature aiuta a dare alla scena il giusto pathos e livello drammatico, che aumenta sempre di più fino alla terza parte, quella della resa dei conti, o meglio delle apparenti chiarificazioni. Padre Flynn mette in campo la sua versione dei fatti, che convince Sorella James ma non la preside. Ora sono tutti in piedi, nessuno siede sulla poltrona, come se a questo punto tutti fossero allo stesso livello. Sorella James prova a chiedere ancora se può servire del the come gesto pacificatore, ma ormai la battaglia tra i due suoi superiori è iniziata e questa splendida scena ne ha dato il via.
I dialoghi sono ricchi di elementi che caratterizzano le battute e sottolineano le diverse caratteristiche dei personaggi e l'utilizzo che il regista fa della macchina da presa, dimostra quanto sia in grado di giocare con il mezzo filmico andando al di là di quello che è il suo testo teatrale.
Un film magnifico, diretto e recitato in maniera sublime. Un film verbale, dallo spiccato senso teatrale, ma che riesce a staccarsi anche dalle sue origini, sposandosi perfettamente con la macchina cinema.

CLICCA QUI PER VEDERE LA SCENA SOPRA DESCRITTA

1 commento:

Anonimo ha detto...

Intensa l'atmosfera, in linea con il tempo della narrazione. Forse un pò lento ,ma anche qui giustificato dall'argomento in oggetto.
A me non dispiace affatto, sarà che non mi stanco mai di assistere alle interpretazioni impeccabili della Streep?