lunedì 5 maggio 2008

"I demoni di San Pietroburgo" di Giuliano Montaldo


L'arte non è uguale per tutti. Il significato che un'opera d'arte trasmette non è percepito nello stesso modo. E' l'animo e la sensibilità del singolo uomo a decifrare il messaggio che l'autore gli ha lanciato e a darne il proprio personale significato. Così le parole e la passione di Dostoevskij vengono interpretati in maniera diversa. Gusiev vi trova la spinta per abbandonare il gruppo rivoluzionario e smettere di uccidere. Aleksandra, invece al contrario, è spinta ancora di più a metter mano alle bombe.

Perchè? E' davvero colpa dell'arte, o è Dostoevskij che non è riuscito a far ordine nella sua testa e i suoi romanzi sono davvero ingannevoli "Sembrano scritti contro i rivoluzionari, ma in realtà sono più incendiari dei proclami terroristici." gli dice l'ispettore Pavlovic.
Forse la risposta è semplice. Ovvero, l'arte è prodotta dall'uomo e l'uomo è tutto fuorchè semplice. E aggiungerei anche....per questo esiste l'arte.
Il cinema è uguale. Un film può lanciare messaggi diversi e soprattutto può essere interpretato e giudicato in modi diversi, in base a chi è seduto davanti allo schermo.

Il nuovo film di Giuliano Montaldo, come tutti i bei film, ha molte facce. Vi sono film che anche raccontando molte cose, alla fin della fiera non raccontano nulla. Si riempiono di aspetti che o restano incompiuti o non hanno la forza necessaria per impossessarsi della pellicola. "I demoni di San Pietroburgo" è uno di quei film che invece di "non essere nulla" è "anche altro". Non è solo un film su Dostoevskij, è anche un film su Dostoevskij. Ma è anche un film ideologico, un film sul potere della parola e dell'arte ("diffondere l'arte è uno dei compiti principali dello Stato e dei suoi servitori" dice Pavlovic), un film contro il terrorismo e la violenza, un film sull'uomo.

Quello che non è, o meglio che vorrebbe essere ma non riesce a raggiungere lo scopo, non è un buon "thriller" (anche se forse non è il termine adatto). Sono due le strade prese dal film, due le trame su cui si muove Dostoevskij. Quella del Dostoevskij autore, che deve a tutti i costi terminare il suo romanzo entro 6 giorni altrimenti il suo editore si intasca tutto e quella del Dostoevskij filosofo, rivoluzionario, ex deportato in Siberia, che deve trovare i terroristi e fermare l'attentato al Gran Duca.
Se il primo plot è ben costruito e risalta positivamente il bel rapporto tra l'autore e la dattilografa/futura moglie Anna, il secondo plot, invece, anche se affascinante, non sviluppa molto l'aspetto investigativo, ma resta sempre su un piano ideologico-politico.

La regia di Montaldo è impeccabile, così come la fotografia assolutamente splendida. La sceneggiatura invece, se da un lato è chiara e disegna bene i personaggi, dall'altra è un po' troppo teatrale nella successione delle scene e un po' televisiva nei dialoghi. Facilmente dimenticabile la colonna sonora di Morricone, di certo una delle più brutte mai composte dal maestro. Difficilmente dimenticabile invece la recitazione che vede l'intero cast esprimersi ad ottimi livello, soprattutto lo straordinario Roberto Herlitzka che ipnotizza ogni volta che comincia a parlare.

Il ritorno di Montaldo alla regia, dopo una pausa (crisi, come la definisce lo stesso regista di "Sacco e Vanzetti") durata 19 anni, è un bel ritorno. E' vero che il film profuma di vecchio, ma non è un valido motivo per bocciarlo, visto soprattutto la qualità artistica e culturale dell'opera.

1 commento:

Anonimo ha detto...

E' un film mediocre