giovedì 24 gennaio 2008

Il narratore fa la differenza

Un film è la fusione di due elementi: stile e contenuto. O, come diceva Seymour Chatman, di Discorso e Storia. Il primo riguarda la messa in scena, la forma, "l'espressione". Il “come” il racconto ci viene narrato, non solo da un punto di vista visivo (fotografia, movimenti di macchina) ma anche dal punto di vista narrativo (struttura narrativa, montaggio, dialoghi)
Il secondo elemento è il contenuto, ovvero la storia in sé, il soggetto, il tema trattato, gli eventi (le azioni) e gli esistenti (personaggi e ambiente).
Ma quale dei due elementi è più importante? O meglio, quale dei due elementi è indispensabile per la buona riuscita del film? Un film scarso nella forma, può essere nobilitato dagli intenti alti della storia che vuole raccontare? O al contrario, è possibile raccontare bene una storia piatta, banale e che sa di “già visto”?
Partendo dal presupposto che ovviamente sarebbe meglio, anzi necessario, che sia il “come” che il “cosa” abbiano un valore elevato, un film può essere un “buon film” anche solo prediligendo uno dei due elementi. Personalmente sono dell’idea che il “come” sia più importante del “cosa”. E che all'interno del "come", struttura narrativa, montaggio e dialoghi siano più importanti della fotografia o dei movimenti di macchina.

Per chiarire questa visione prendo ad esempio due registi, Brian De Palma e Quentin Tarantino.
L’ultimo film di De Palma, Redacted, fa discutere. Non solo per il tema trattato, ma per le scelte narrative e visive adottate dal regista americano. Il film parla di un gruppo di soldati americani in Iraq e dello stupro, da loro compiuto, nei confronti di una ragazzina irachena. Un tema forte non c’è dubbio. Soprattutto perché De Palma non punta il dito verso la guerra (non solo almeno), ne contro i potenti (Bush su tutti) come hanno fatto fino ad ora tutti i film post 11 settembre, ma direttamente verso l’esercito USA. Un ennesimo passo avanti dell’America pacifista nei confronti dell’America guerrafondaia.
Ma quello che farà discutere gli appassionati di cinema è il modo scelto dal regista per raccontare questa storia di spessore.
Lo fa attraverso una sorta di finto-documentario, montando insieme spezzoni di telegiornali, video amatoriali girati dai soldati e riprese realizzate con attori. Una finzione cinematografica che pesca dai telegiornali, dalla rete, dalla televisione. Il “cosa” che prende il sopravvento sul “come” e il risultato è lontano dall’essere considerato Cinema.
Perché un film non è solamente un mezzo per puntare il dito e raccontare fatti realmente accaduti. Per quello ci sono i documentari, i reportage e gli articoli di giornale. Un film ha delle sue regole, una sua grammatica, una sua forma. Se è negativo fare un film utilizzando le trame e le basi narrative della fiction televisiva, altrettanto negativamente andrebbe considerato un lavoro cinematografico che si basa sulle leggi di Internet. Certo, Haggis nel suo recente "In the valley of Elah" utilizza riprese realizzate con un videofonino per mostrarci le fasi di vita militare del soldato scomparso. Ma è un intrusione della comunicazione informatica nel cinema in equilibrio con il tessuto narrativo della storia e dei suoi personaggi. Costruire una intera pellicola basandosi su elementi extra-cinematografici fini a se stessi non è fare Cinema.
Pensare di lasciar perdere il vestito da far indossare alla pellicola, concentrandosi solo sulla tematica è inconcepibile, soprattutto perché il messaggio in questo modo non giunge dove desiderato, ovvero al cuore e alla mente dello spettatore. Usciti dal cinema si rimane senza niente, o meglio con delle riflessioni che sono le stesse che si avrebbero leggendo un libro o guardando un servizio alla televisione. Quello di De Palma finisce per essere un non-cinema. È come se per raccontare un thriller in un libro uno scrittore raccogliesse una serie di finti articoli, rapporti del tribunale, fotografie e alla fine chiamasse il tutto un romanzo. Non è un romanzo. Non è neanche letteratura. Così come il film di De Palma non è un film, ne tanto meno Cinema.
L’altro regista che ho tirato in ballo è Quentin Tarantino, perché spesso i suoi detrattori lo accusano di essere tanto fumo e poco arrosto. Di essere un autore bravissimo a creare immagini forti, esteticamente perfette, di grande impatto, ma che sotto sotto non raccontano nulla. Un bambino che si diverte a fare del bel cinema senza prestare attenzione a quello che vuole raccontare. Più attenzione al “come” che al “cosa” in questo caso.
È vero. Ma non è così negativo come si pensa. Le storie di Tarantino sono lontane dall’essere originali. Sono classici cliché del genere che di volta in volta il regista decide di trattare. Non hanno un messaggio, una morale, un qualcosa da dire al pubblico. Sono storie di puro intrattenimento. Sono storie di gangster, assassini, ladri, donne del boss, tradimenti, fughe con il malloppo, omicidi a sangue freddo. Ma è il modo in cui Tarantino racconta le sue storie che le rende nobili. È qui che si vede la differenza tra un grande narratore e uno qualunque. Ovvero la capacità di prendere storie comuni e già sentite e renderle nuove. Essere in grado di colpire lo spettatore e di tenerlo sulla poltrona a divertirsi, emozionarsi, schifarsi, impaurirsi, meravigliarsi e via dicendo. Così come un grande cantante è colui che sa emozionarti anche se mette in musica le Pagine Gialle, così un grande regista è colui che indipendentemente dal soggetto che ha in mano, prende i mezzi a sua disposizione e ti tira fuori un film che emoziona.

Il cinema è un mezzo per raccontare storie, è questa la sua funzione. E il compito del regista è quello di narrare nel modo migliore la storia, di esaltare la sceneggiatura. Perchè è il modo in cui gli avvenimenti vengono raccontati che emoziona il pubblico e, quando necessario, lo porta a riflettere. Il “compito” di noi spettatori è quindi quello di prestare particolare attenzione a come questi avvenimenti (che siano d’impegno o meno) ci vengono narrati, senza lasciarsi affascinare dal solo soggetto (e tanto meno dagli attori) come purtroppo finiscono per fare molti, giovani spettatori.

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