lunedì 7 gennaio 2008

"La leggenda del pianista sull'oceano" di Giuseppe Tornatore




Il cinema racconta storie, storie che spesso parlando di vita. A volte lo fa in maniera diretta, in maniera cruda, altre volte la mette sul ridere. Ma ci sono volte che il cinema sembra raccontarci storie di vita, ma che in realtà sta parlando di se stesso.

Come fa Giuseppe Tornatore con il suo "La leggenda del pianista sull'oceano". Racconta la storia di Novecento, ma in realtà sta parlando di Cinema. Tutto il film è una metafora sull'arte del raccontare storie, non a caso quella di Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento, il pianista sull'oceano, è una leggenda, una vita che esiste solo se c'è qualcuno a raccontarla. "In fondo non sono mai esistito" dice Novecento all'amico Max Tooney. Ed è proprio Max che farà vivere questa storia raccontandola durante il corso del film a vari ascoltatori (e a noi in primis). Novecento, così come i personaggi di un film, non esiste per il mondo. Solo coloro che sono saliti sulla nave sanno della sua esistenza, nello stesso modo per cui solo coloro che entrano in sala sanno dell'esistenza di quei personaggi. Se nessuno ascolta la storia, se nessuno legge un romanzo, se nessuno guarda un film, quei personaggi restano soltanto parole su fogli di carta. E' "l'ascoltatore" che li rende vivi, esistenti realmente...esistenti (scusate il gioco di parole).

"Anche qui il mondo passava ma non più di 2000 persone per volta. E di desideri ce n'erano, ma non più di quelli che ci potevano stare su una nave, tra una prua e una poppa." Anche in un film c'è il mondo, c'è la vita, ci sono desideri, sogni, dolori, speranze, divertimenti....ma non più di quelli che possono starci in un film, dall'inizio alla fine. Perchè il film ha un fine, non è infinito. L'Autore è infinito e le vite e la magia che può creare in quelle due ore è infinita.

Il dolore per la morte di Danny Boodman, l'amore di Novecento per la ragazza, l'amicizia con Max, il dualismo con Jelly Roll Morton, la speranza dei viaggiatori diretti in America e la gioia negli occhi di chi l'America la vedeva per primo, la paura di una tampesta, la gelosia perchè qualcuno, nella TUA orchestra, attira più attenzione di te. Tutto questo è presente in "La leggenda del pianista sull'oceano". Tutte le emozioni e i sentimenti che possiamo vivere nella nostra vita sono presenti su quella nave, possono essere provate su quel transatlantico, proprio come accade con il Cinema.

Tutto questo il cinema lo racconta e vive ogni qual volta c'è qualcuno disposto a sedersi e ad ascoltare, così come Max Tooney ha potuto conoscere Novecento, la sua storia e il suo talento, solo salendo i gradini di quella nave.

Tecnicamente Tornatore realizza un film intenso, probabilmente il più complesso da realizzare della sua filmografia. E' abile nel mantenere la storia sempre interessante, spiazzando con abilità nei diversi piani temporali. La fotografia fa il suo dovere, "scrivendo con la luce" i diversi stati d'animo e soprattutto le diverse condizioni di vita dei viaggiatori. Le musiche di Ennio Morricone giocano chiaramente un ruolo fondamentale, visto anche la difficoltà del compositore premio Oscar di dover scrivere una musica "mai ascoltata prima". Tim Roth è perfetto e il suo volto da ragazzino ingenuo, ma capace di grande forza espressiva, si adatta benissimo al personaggio di Novecento, così come altrettanto bravo è Pruitt Taylor Vince. Qualche piccola pecca c'è, come un montaggio eccessivo nella scena del duello (che presenta anche degli effetti grafici troppo visibili) o i modellini che anticipano l'esplosione del Virginian. Ma sono inezie, dettagli di un film bellissimo, metafora di quella cosa meravigliosa che è il Cinema e l'arte di raccontare storie.


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