domenica 20 gennaio 2008

"American Gangster" di Ridley Scott


Il cinema ha raccontato spesso e volentieri le salite e le inevitabili cadute di importanti criminali, siano essi gangster o mafiosi. E con altrettanto entusiasmo ci ha mostrato l'altra faccia della medaglia, quella dei poliziotti che quelle rovinose cadute hanno contribuito a realizzare. "American Gangster" quindi, non racconterebbe nulla di nuovo ed inefetti qualche clichè del genere si può facilmente riscontrare nel film, a partire dalla locandina che ricorda quella di "Scarface" di De Palma. Il gangster spietato sul lavoro, ma amorevole con la famiglia. Il poliziotto onesto "stile Serpico" divorziato e che rischia di perdere il figlio per il troppo tempo che dedica al lavoro. Gli spirri corrotti, i criminali impellicciati, la donna del boss stanca del lavoro del marito. Insomma, il film di Scott non brilla certo per originalità, ma nonostante questo non è certo un brutto film. Anzi, nel complesso, analizzando ogni singolo elemento che compone la pellicola, il risultato è ottimo. Interpretazione eccellente di Washington e Crowe, ricostruzione perfetta della New York anni Settanta, sia nella scenografia che nei costumi, splendida la fotografia di Harris Savides che dona alla pellicola un'atmosfera fredda e polverosa, da strada, da "gangster-movie" appunto, per non parlare del montaggio ad opera del nostro Pietro Scalia, (uno dei migliori montatori in circolazione e vincitore di due premi Oscar che chiaramente lavora negli States). Ridley Scott riesce a tenere alta l'attenzione per tutti i 160 minuti del film, spettacolarizzando anche sequenze che rischiavano di rallentare notevolmente il ritmo narrativo della storia. Quello che non funziona e che impedisce al film di entrare nella storia e salire ad un livello da "Il padrino" come la locandina vorrebbe farci credere è la mancanza oltre che di originalità, di mito. "Il padrino", non solo raccontò la storia della mafia in un modo che nessuno aveva ancora trattato, ma riuscì, grazie alla sceneggiatura e alla regia di Coppola di elevare i personaggi e le loro vite a simboli mitici di quel mondo. "American Gangster" non solo non riesce ad innalzarsi ad un livello di "mitologia gangsteriana", ma non si distacca nemmeno da un piano quasi documentaristico della vicenda di Frank Lucas.
Un film comunque bello, che non stanca, che piacerà a pubblico e critica, ma che non lascia il segno come ci si poteva attendere.

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