domenica 27 gennaio 2008

"Into the wild" di Sean Penn


Christopher McCandless dalla scaletta del Virginian ci sarebbe sceso. Il Novecento di "La leggenda del pianista sull'oceano" sentiva che il mondo era troppo grande per lui. Troppo pieno di scelte, di emozioni, di paure. Una nave troppo grande per lui.

Per "Alexander supertramp" invece, il mondo è proprio la nave che fa per lui. Non fugge per cercare se stesso, lui sà bene chi è. E' "supertramp", lo è sempre stato, fin da piccolo come ricorda la sorella. E proprio per questo fugge, perchè quel se stesso, in quel mondo lì non riesce a starci. E' tutto troppo piccolo, stretto, oppressivo per lui. Tutto troppo inutile.

Sean Penn, in un epoca in cui siamo schiacciati dall'ipocrisia della società moderna, scrive, produce e dirige un film sulla libertà, sul ritorno agli istinti veri dell'uomo, sull'amicizia e sui rapporti umani veri e sinceri. Un film politico in un certo senso, ma che comunque non ci piace definire tale.

"Into the wild" è un film sui sentimenti di un ragazzo desideroso di cercare la bellezza che ormai da tempo ha abbandonato la sua vita quotidiana.

La regia di Penn è più sperimentale delle sue precedenti. Zoom, sfocature, split-screen (multipli in alcuni casi), testi extradiegetici, angolazioni ardite, cam-look, narrazione frammentaria. L'impressione è che Penn volesse raccontare la storia di Chris distaccando bene la finzione dalla realtà. L'uso continuo di elementi intrinsechi del linguaggio cinematografico porta lo spettatore, più e più volte, a rendersi conto che quello che sta vedendo è un film, è una ricostruzione.
Spesso, i film basati su vite realmente esistite, tendono a ricostruire il tutto nei minimi dettagli, sostituendosi a quella vita, diventandone una copia filmica. Penn non ha questa pretesa, ne questa faccia tosta. Ha troppa stima e rispetto per Chris per far si che il suo film si sostuisca alla vera vita. Per questo sperimenta, per questo chiede allo straordinario Emile Hirsch di guardare in camera un paio di volte. Questo evidenzia anche che "Into the wild" non è un film politico sulla fuga dalla società moderna, è un film su Christopher "Alexander supertramp" McCandless, su quello che lui, con il suo sogno, con la sua purezza, ha dato alle persone che lo hanno conosciuto. E' un film sui suoi sentimenti, sulla sua crescita interiore che grazie a Sean Penn diventa crescita interiore anche per il pubblico che questa storia resta ad ascoltarla. Penn non vuole farci immedesimare in Chris, come appunto farebbe un qualunque biopic, ma vuole farci immedesimare nei personaggi che Chris ha incontrato. Noi siamo quei personaggi e anche noi ci sentiamo attratti da quel trampoliere e dalla sua avventura.

Lode all'intero cast, capace di dar vita a personaggi che restano nella mente anche se presenti per poco tempo e con i quali condividiamo il dispiacere per dover abbandonare Chris al suo cammino.

Ottimo il lavoro del direttore della fotografia che fotografa alla perfezione i bellissimi paesaggi attraversati da Chris riuscendo a donarci un po' di quella bellezza da lui respirata.
Nota di merito alla splendida colonna sonora di Eddie Vedder.

Oltre alla sperimetazione forse un po' eccessiva in alcuni momenti, la regia di Penn pecca un po' nelle situazioni famigliari che mostrano come genitori e sorella vivano la scomparsa di Chris. Penn mantiene un tono narrativo, di racconto, lasciando alla voce over della sorella commentare le immagini mute. Una maggiore presenza di dialoghi in questi momenti avrebbe aiutato anche gli spettatori meno attenti a seguire il film. Qualche altro difetto c'è, come spesso accade nei film particolarmente sentiti di loro autori, che magari presi più dallo spirito della storia lasciano andare un po' troppo i propri sentimenti nel dirigere il film lasciando in secondo piano la ragione.
Ma conta poco in fondo, perchè "Into the wild" resta un film bellissimo, intenso e toccante.

Nessun commento: